SASS Canoa Canadese

Area Soci

Discesa dell’Adige da Merano a Verona 

 

 

  Venerdi 17 giugno 2011 , verso sera, partiamo dal forte accodati al carrello trainato da Daniele che ci evita così di approfondire spericolate legature sui portapacchi delle macchine.

Dopo la cena in un bellissimo maso riadattato a ristorante organizziamo il “campo” . In pratica, sotto la pioggia, parzialmente protetti dai camper chi ha le tende si sistema in fondo al parcheggio della stazione.

 

  Sabato 18 mattina chi scende in canoa, chi in camper per seguire e appoggiare la discesa, chi va in kayak doppio da solo perché siamo dispari?

La corrente è forte e vorticosa. L’acqua color caffelatte. L’Adige  in piena è veloce ma a vederlo qui a pelo d’acqua … brrr.

Giù dallo scivolo di terra a lato della pista ciclabile, per farci superare le titubanze, la nostra guida, camminando in acqua ci trascina, canoa per canoa, fino alle canne un pò sopra corrente dove, tutti aggrappati aspettiamo il momento di partire assieme.

 

 Si parte.

 

  Maner, disinvolto, ci porta in mezzo al fiume dove improvvisamente sembra tutto tranquillo, quasi fermo. L’acqua così alta spiana il letto da sponda a sponda. I gorghi che si susseguono dappertutto fanno bolle d’acqua

 che risale formando cerchi di uno o due metri di diametro e spostano leggermente le punte delle canoe. I mulinelli sono più subdoli: coni di pochi centimetri di diametro che affondano. Maner, conoscendo il livello di preparazione degli equipaggi, insiste subito perché facciamo un po’ di pratica con inversioni e risalite controcorrente, traghetti e entrate in morta che ci saranno utili per tenerci vicini.

 

  Il fiume corre, basta guardare le montagne “scivolare” dietro gli alberi delle sponde. Saranno almeno dieci chilometri orari.

I gorghi ti rallentano, ti spostano e la corrente che si fa strada zigzagando tra le irregolarità prodotte dalle rocce sul greto distanzia le canoe che si allungano in una fila di quattro – cinquecento metri.

 

  E’ il primo ponte a raggrupparci di nuovo. Improvvisamente si vede che tutti , nelle loro canoe hanno imparato bene a invertire la rotta ed entrare in morta aggrappandosi a rami o canne sulla sponda nell’intento di lasciar andare avanti la guida che, alzandosi in piedi sulla canoa guarda da quale arcata passare e fa strada. Ovviamente sceglie quella con le onde più alte ed è il battesimo del fiume per tutti. Dopo la fifa calerà sempre di più.

 

  La tappa a Laives per il pranzo al sacco preparato sul parapetto della stradina vicina all’argine da Renzo che ci aveva seguito col camper appoggio arriva a ridarci energia perché nonostante la velocità della corrente, si pagaia parecchio per manovrare e spostarsi da un lato all’altro del fiume.

 

  La sera si campeggia a Egna. Le canoe rovesciate sotto il ponte addossate all’ergine che sostiene la pista ciclabile. Pasta aglio olio e peperoncino organizzata da Giorgio e Antonella ci rifocillano.

 

  Il mattino, dopo una nottata di pioggia e vento, sorvoliamo sulle traversie di chi ha dormito in tenda, Egon, che è il più mattiniero, trova le canoe semisommerse. Ancora ferme solo perché essendo rovesciate per non riempirle di pioggia, si sono riempite d’acqua del fiume e non se ne sono

 andate galleggiando come avrebbe potuto succedere. Il fiume si è alzato di ottanta centimetri.

 

  La partenza ci vede entrare in una massa liquida color caffelatte con più caffè di ieri e punteggiata di rami, canne e pezzi di trochi rubati a chissà quali cataste, palloni sottratti a chissà quali giochi, bottiglie e barattoli galleggianti  e gorghi enormi sopra i quali le canoe rumoreggiano per la sabbia spinta contro il fondo che sfrigola di continuo.   La velocità è aumentata intorno ai dodici – tredici chilometri orari.

 

   Sfiliamo sul lung’Adige di Trento, il suo aeroporto, la pista ciclabile che prosegue sull’argine sinistro e oggi è piena di ciclisti della domenica.

 

  Sosta a Mori dove Renzo ci attende con i rifornimenti.   Nel bere il caffè Giorgio ci fa notare che non abbiamo informazioni dettagliate su dove fermarci  per trasbordare alla diga  sotto Mori e poi a quella di Ala. Riesce a vederlo sul telefonino prestato dal cameriere del bar tramite google. Sulla riva a sinistra all’incrocio con la pista ciclabile.

 

  Arrivati al punto individuato, durante il laborioso trasbordo delle pesanti canadesi,incrociamo amici ciclisti di Verona che ci avvertono degli impressionanti rulli d’acqua che si formano sotto il ponte di Brentino-Belluno.

 Sergio e Renzo, per segno del destino, incontrano un addetto dell’ENEL che ci avverte di scendere a destra per il prossimo trasbordo alla diga di Ala, prima del ponte ad arco sul canale in ingresso prima della diga. Noi da google pensavamo di approdare a sinistra.

 

  In effetti dopo la rocambolesca partenza tra le frasche, in mezzo a onde e schiuma  che arrivano dal frastuono e vento con acqua polverizzata della cascata a paratie aperte della diga di Mori, dopo un pur lungo tratto ma percorso a velocità record, vediamo il provvidenziale Maner che, assieme agli amici arrivati da Verona per cenare con noi all’agriturismo di Brentino ci segnalano di approdare a destra.

 

 Finalmente riconosciamo il ponte ad arco e ci rendiamo conto con terrore che sulla sponda sinistra non c’è un ramo a cui aggrapparsi e la corrente corre furiosamente incontro alle paratie completamente aperte per scaricare la furia del fiume.  A tavola avremo poi modo di dimenticare il brivido che ci ha percorso.

  Il mattino del lunedì ci aspetta il salto da brivido al ponte di Brentino ma il fiume è sceso nel frattempo di quasi un metro e tutto è diverso.

   Oggi, ci segnala Renzo dalla sponda, non è l’ultima arcata a sinistra l’unica agibile ma la penultima. Bisogna passare da lì. Passiamo tutti, imbarcando acqua ma restando in qualche modo dritti eccetto l’ultima che sulle ultime onde si rovescia.

 

Vanni non la molla e scende aggrappato cercando una morta dove infilarsi e Maner in canoa con Simone lo seguono per spingerlo dentro ma non ci sono morte, il fiume spinge via anche in mezzo agli alberi della sponda. Finalmente li vediamo sparire dietro a una siepe e arrivando ci fermiamo tutti ad aiutarli nel recupero. Purtroppo la punta, sbattendo sui sassi del fondo si è sfondata e la discesa per Vanni e Paolo finisce qui.

 

 

   Nel tratto che rimane da Borghetto a Pescantina non c’è storia, bellissimo ma lo conosciamo bene per le varie discese già fatte.   Pranzo al sacco davanti alla chiesa, poi riprendiamo e si conclude nel pomeriggio arrivando alla spiaggetta di “catena beach”.

                                                                                      .

Fabrizio

 

 

 

P.S. Volevo solo far notare per i meno esperti che il tratto da Borghetto a Pescantina , definito senza storia dal nostro cronista, è il percorso di tutto rispetto dove ogni anno si svolge L’Adige Marathon.

 Questo per evidenziare le difficoltà incontrate dai nostri amici.

 

Altre foto le trovate sul nostro sito ...  click qui

 

Daniele